Il capitolo sembra esprimere un senso di urgenza proprio di chi ha
fatto un’esperienza di un certo grado e tenta di passarla agli altri al di
fuori di se stesso, cosa che per altro non è dovuta, ma scelta.
E’ vero che è una scelta ma a me sembra che non si possa fare
altrimenti che cominciare a diffondere un messaggio, qualunque siano i
contenuti che esprime, dal momento che uno arriva a certe altezze interiori:
infatti se si pensa un momento alla storia si nota che un Cristo o un Buddha
dopo aver toccato un apice sono tornati al mondo della vita densa con la fronte
e le mani luminose per esporre i contenuti della loro esperienza, proprio
perché quell’esperienza non è propria, o non propriamente personale. In un
rimando al “Cammino” c’è scritto “Se non
sei indifferente al dolore e alla sofferenza degli altri, devi fare in modo che
ciò che senti coincida con ciò che pensi e che fai per aiutare gli altri”.
Ciò sembra una conseguenza necessaria, come che non può essere in altro
modo…come a dire < che faccio lo dico, lo dico, lo dico? No me lo tengo!
Oppure no, lo dico! Ma sì, mò lo dico va!>
Anche perché questo sembra avere coerenza con la regola d’oro “Tratta
gli altri come vorresti essere trattato”.
Mi colpisce il punto in cui dice “..essendo tuo desiderio dormire o morire”
al paragrafo 4: mi sembra molto forte poiché è proprio l’esatto opposto che
dire “esser sveglio e puntare al superamento della morte, cioè alla
trascendenza”.
A me colpisce molto, come sintesi
di tutto il capitolo, ciò che leggo nelle parole “disinteressatamente” e
“atteggiamento”. La prima mi dà proprio la sensazione di un atto fatto senza
attaccamento al risultato, ossia al fine che chi legga debba per forza seguire
ciò che è scritto o essere in sintonia perfetta e seguire ciò che viene detto;
e ciò mi dice molto, a livello di sensazione emotiva, di quella che è la
condizione interna che raggiunge chi arriva ad un certo tipo di esperienza
trascendente. Sulla questione dell’atteggiamento più adatto verso la
comprensione ho un po’ di tensione proprio sul punto in cui leggo “senza
fretta”: non è facile per me avere la distensione adeguata nel momento in cui
vivo propriamente una condizione di spaesamento o non-senso; al contrario
l’atteggiamento che metto in moto è l’opposto, cioè quello della fretta e
dell’attaccamento a perseguire un fine velocemente pur di liberarmi dallo stato
di sofferenza che sperimento.
Qui però si parla di meditare senza fretta: è proprio l’atto del meditare che va preso e condotto senza attaccamento e fretta, non la cura in sé di se stessi; per quella immagino che non si dica di occuparsi di se stessi una tantum, ma con costanza. E’ l’atto della meditazione che va condotto con una certa cura. E’ come mettersi in contatto con la guida interna e ancor prima di avere risposte o segnali ad una necessità richiesta avere la tensione interna di possedere o immaginare già una risposta. Sarebbe interessante invece fare un’esperienza come questa sempre nella disposizione di calma interiore affinchè non sia la mia tensione interna a contraffare o sporcare l’esperienza dell’eventuale contatto o la risposta in sé alla mia necessità profonda.
Qui però si parla di meditare senza fretta: è proprio l’atto del meditare che va preso e condotto senza attaccamento e fretta, non la cura in sé di se stessi; per quella immagino che non si dica di occuparsi di se stessi una tantum, ma con costanza. E’ l’atto della meditazione che va condotto con una certa cura. E’ come mettersi in contatto con la guida interna e ancor prima di avere risposte o segnali ad una necessità richiesta avere la tensione interna di possedere o immaginare già una risposta. Sarebbe interessante invece fare un’esperienza come questa sempre nella disposizione di calma interiore affinchè non sia la mia tensione interna a contraffare o sporcare l’esperienza dell’eventuale contatto o la risposta in sé alla mia necessità profonda.
A questo punto però mi chiedo
quale sia il modo di esporre proprio di coloro che aspirano a cose lontane
dalla realtà interiore. [Si fa riferimento a cose tipo certi corsi di yoga,
autostima, Scientology dove appare abbastanza evidente, sotto l’intenzione
spirituale, l’interesse economico].
Il modo che qui appare chiaro, la modalità con cui tutto viene
espresso, mi dà la sensazione che sia un amico a parlarmi, dove è esente il
giudizio morale poiché quella di Silo è come un’analisi disinteressata; dove
non si percepisce neanche lontanamente la sensazione della punizione religiosa.
E tutto ciò sembra essere in totale sintonia e coerenza e continuità con
l’esperienza concreta fatta a partire dalla quale solo in questo modo si può
esporre. E’ una modalità chiara e precisa, ma anche libera, poiché dà spazio
reale all’adesione o meno. Non si risparmia dal prendere posizione nette, ma
allo stesso tempo non trasmette sensazione di puntare il dito verso nessuno. E’
chiaro e sembra voler dire “La mia felicità non cambia se tu fai questo o no,
ma la tua sì!” [in riferimento al passo “So
come ti senti perché posso sperimentare il tuo stato, ma tu non sai come si
sperimenta ciò che dico”.] E inoltre a me personalmente provoca una
sensazione di totale rilassatezza sentir dire “senza fretta”.
Non c’è seduzione o ammaliamento nella sua esposizione: Silo pare che
esponga tutti quelli che sono degli “stabiliti” che impediscono la possibilità
di evolvere: come l’atteggiamento dialettico, quello riferito alla forma
esteriore dell’esposizione che rischia di restare nella superficie. Questi due
esempi mi fanno pensare che non è interessante nulla se non arrivare quanto più
direttamente possibile al punto centrale; e questo è in opposizione a ciò che
di solito si fa in questi ambiti rivestendo i contenuti di forme letterarie o
esposizioni poetiche, oppure assumendo l’atteggiamento contrastivo della
dialettica.
Qui c’è il tema della fiducia ma
anche quello della responsabilità: fiducia in ciò che viene detto nel
Messaggio, ma la chiara responsabilità personale sul proprio percorso, che
solamente ognuno di noi per se stesso può fare.